sabato 29 novembre 2008

Tellus Stabilita

Negli occhi le immagini recenti. Nella testa, però, queste immagini si sovrappongo ad altre e altre e altre ancora. Diverse per luogo e tempo. Ma uguali nella loro tragica crudezza.

Qualche tempo fa avrei commentato questi avvenimenti con il dito accusatore puntato in una direzione, senza farmi tante di quelle domande che da due giorni mi martellano la testa. Perchè, se identico è il sentimento di immediato disprezzo verso l'atto in se, cerco anche le ragioni dell' "altra parte", di quelle persone che decino, con tale fredezza e premeditazione, di mettere in pratica un progetto che vede come conclusione certa anche la proprio distruzione.

Mi chiedo come si possa arrivare al punto di odiare qualcuno, o più che altro qualcosa - quello che quel qualcuno rappresenta - a tal punto da usare il proprio corpo come arma per annientare l'altro. Mi chiedo perchè qualcuno sia arrivato a quel punto.

Mi chiedo se noi, figli di un occidente mai sazio e mai soddisfatto, potremmo mai capire cosa voglia dire tutto questo. Cosa voglia dire prepararsi per mesi, anni a partire per una morte certa. Per una morte il cui unico risultato è la sofferenza altrui. E forse, ma probabilmente per chi ci crede è importante, un posto d'onore oltre la vita.

Mi chiedo come uscire da tutto questo. Non certo con risposte violenti a domande violente. Come si è fatto fin'ora. E come credo si farà ancora. A tal proposito mi lascio che mi aiuti ancora la scrittrice Marguerite Youcernar e a quello che lei fa dire all'imperatore Adriano nel suo libro, quando alla morte del conquistatore e suo predecessore Traiano, decide che la vera conquista non è l'espansione fisica dei territori romani, ma il loro consolidamento pacifico, fatto di scambi di idee, di merci, di persone.

"Cercai di infondere, nell'avviare i negoziati, quell'ardore che altri riserva al campo di battaglia: forzai la pace. Il mio competitore, d'altro canto, la anelava quanto me..."
"Le oasi si ripopolavano di mercanti che commentavano le notizie alla luce dei bivacchi, e che ogni mattina, insieme alle loro merci, caricavano per trasportarle in paesi sconosciuti parole, pensieri costumi intimamente nostri, che a poco a poco avrebbero dilagato nel mondo in modo più sicuro che non le legioni in marcia..."
"Tentai di dimostrare ai Greci che non erano i più saggi, ai Giudei che non erano affatto i più puri...Quelle razze che vivevano porta a porta da secoli non avevano mai avuto nè il desiderio di conoscersi, nè la dignità di sopportarsi a vicenda...Ogni ora di tregua era una vittoria, anche se precaria come tutte; ogni dissidio sanato creava un precedente, un pegno per l'avvenire. M'importava assai poco che l'acordo ottenuto fosse esteriore, probabilmente temporaneo: sapevo che il bene e il male sono una questione di abitudine, ce il temporaneo si prolungam che le cose esterne penetrano all'interno e che la maschera, a lungo andare, diventa il volto. Dato che l'odio, la malafede, il delirio hanno effetti durevoli non vedevo perchè non ne avrebbero avuti anche la franchezza, la giustizia, la benevolenza. A che valeva l'ordine alle frontiera,se non riuscivo a convicere quel tigattiere ebreo e quel macellaio greco a vivere l'uno di fianco all'altro tranquillamente?"

Quasi duemila anni fa. Siamo andati sulla luna. Ma qui, sulla nostra cara e vecchia Terra, è tutto simile ad allora. L'uomo odia l'uomo. L'uomo perseguita l'uomo. L'uomo uccide l'uomo.

Duemila anni.

Andrea

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